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I falò dell’Immacolata

I falò dell’Immacolata

La devozione pugliese per la Madonna ha radici antichissime, con la proclamazione della Vergine Immacolata, l’8 dicembre 1854, la Puglia festeggia la nuova ricorrenza con l’accensione spontanea di falò in diverse città e province pugliesi.

La gente, assiepata intorno ai fuochi, usa mangiare le frittelle o le pettole.

A Gallipoli, la vigilia dell’Immacolata, è tradizione osservare il digiuno. L’unico cibo ammesso è la puccia, del pane condito con formaggio, pomodoro e olive nere, importato dai coloni greci.

Nelle città di Bisceglie e Barletta si accende un grande falò che secondo alcuni simboleggia l’eliminazione del peccato originale ed il consumarsi del vecchio anno. Talvolta viene inteso come simbolo di purificazione e si lega alle origini ancestrali dell’uomo, quando veniva utilizzato per scacciare le bestie feroci.

Per accendere i falò, anche detti fami (deriva dal greco e significa fiaccola)a Bisceglie, secondo la cultura tramandata, i ragazzi si recavano di casa in casa per raccogliere la legna da ardere e i carboni ardenti alla fine, venivano distribuiti tra gli organizzatori dei fami, per riscaldare le loro case.

Qualcosa di analogo accade con le fiaccole che vanno in processione in diversi comuni del Salento. A Nardò infatti, al calare della sera, sfila la fiaccolata devozionale in onore dell’Immacolata. Il rito si conclude con la deposizione di un omaggio floreale sulla guglia, ai piedi della Vergine. Operazione che richiede l’aiuto e la collaborazione dei vigili del fuoco.

Anche a Supersano, in provincia di Lecce, il simulacro della Madonna è portato in spalla in una cittadina illuminata da fiammelle, distribuite fra balconi e finestre.

 

 

 

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