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Il Galateo, l’umanista che salvò l’alibi della Chiesa

Il Galateo, l’umanista che salvò l’alibi della Chiesa

Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, è sicuramente il più illustre umanista salentino e uno dei maggiori dell’Italia meridionale.

Nasce a Galatone, in provincia di Lecce. I suoi avi erano sacerdoti di rito greco. Riceve la prima educazione nel cenobio basiliano di S. Nicola di Pergoleto, alla periferia di Galatone, sotto la guida dello zio materno, abate del monastero per oltre trent’anni. Ancora lo zio finanzia gli studi del nipote presso il celebre Gymnasium di Nardò, rinomato centro di cultura teologica.

La necessità di provvedere alle sue quattro sorelle lo spinge a cercar fortuna a Napoli dove giunge intorno al 1470. A Napoli il De Ferrariis frequenta i più illustri esponenti della cultura
napoletana e meridionale. Nel 1478, in Terra d’Otranto, sposa Maria Lubelli, figlia del
principe di Sanarica, dalla quale avrà cinque figli. Nel 1489 viene chiamato a far parte dei medici di corte di re Ferdinando I d’Aragona.

Nel 1510 si reca a Roma dove consegna nelle mani del pontefice Giulio II una copia manoscritta della donazione di Costantino, sottratta al saccheggio turco della biblioteca del monastero basiliano di Casole, a Otranto.

Si spegne il 12 novembre 1517, nella sua casa leccese, a 73 anni. I suoi resti mortali trovano sepoltura nel tempio di S. Giovanni oggi intitolato alla Madonna del Rosario, a Lecce. Sul suo monumento sepolcrale è incisa l’epigrafe che lo stesso Galateo aveva chiesto per sé e che recita:

Colui che studiò la Medicina e le stelle del cielo,

il Galateo giace chiuso in questo posto.

Colui che capì il cielo la terra il paradiso,

guardate, o mortali, qual piccola urna lo accoglie.

 

Del lungo elenco di scritture in latino che il Galateo ci ha lasciato, gli scritti più noti e diffusi sono:

  • il De Heremita (1496), una vivace, onesta e severa critica della tradizione cristiana e dello sfacelo ecclesiastico.
  • il De Educatione (1504), summa ordinata dei sistemi educativi di diversi popoli.
  • l’Esposizione del Pater Noster (1507), unica sua opera in volgare, nella quale commenta il Padre Nostro e al contempo critica aspramente il clero corrotto.
  • il Vituperio delle Lettere (1513), sfogo anti-umanistico contro i pennivendoli.
  • la Descrizione di Gallipoli (1513), che racconta storia e caratteristiche della città e dei suoi abitanti.
  • il De Situ Iapygiae, probabilmente la sua opera più nota e tradotta, scritto nel 1511, è stato per secoli il più autorevole trattato storico-geografico sul Salento, la più antica guida alla penisola.
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