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Nardò, la sposa barocca vestita di nero

Nardò, la sposa barocca vestita di nero

Nardò è una città di circa 30mila abitanti della provincia di Lecce. Come tutta l’area della provincia, ha origini legate alla preistoria. La storia di Nardò inizia nel paleolitico. Nelle grotte della Baia di Uluzzo.

Il vero e proprio centro abitato di Nardò risale invece al VII° secolo a.C. con la presenza di un insediamento messapico. Nel 269 a.C., insieme al suo porto di Emporium Nauna (l’attuale Santa Maria al Bagno), fu conquistata dai Romani e dopo la guerra sociale divenne municipium (Neretum).

Alla caduta dell’Impero romano d’Occidente ed in seguito alle battaglie tra Bizantini e Goti, fu assorbita dall’Impero bizantino e, per un breve periodo, fu annessa al Regno longobardo. Durante i cinquecento anni di governo bizantino si incrementò la presenza dei monaci basiliani la cui influenza determinò la diffusione del rito e del culto orientali.

Nella seconda metà del XIII secolo seguì la dominazione angioina che determinò la nascita e la diffusione del feudalesimo. Fu feudo dei Del Balzo e nel XV secolo fu coinvolta nelle lotte tra Aragonesi, Veneziani e Turchi, successivamente divenne feudo della famiglia degli Acquaviva.

In quel periodo divenne il principale centro culturale del Salento, sede di Università, di Accademie e di studi letterari e filosofici e Nardò fu definita la Nuoua Atene litterarum.

Con l’abolizione del feudalesimo, la città non fu più soggetta alla tirannia della famiglia Acquaviva, che rimase però titolare di numerose proprietà.

Tra il 1943 e il 1947, l’esercito alleato decise di ospitare nella frazione di Santa Maria al Bagno oltre centomila ebrei scampati ai campi di sterminio nazisti e in viaggio verso il nascente Stato di Israele.

Qui alcuni edifici vennero convertiti alle nuove esigenze. In una casa nella piazzetta venne ospitata la sinagoga e nella masseria Mondonuovo venne realizzato il kibbutz Elia. Tra i numerosi ospiti figuravano anche i nomi di David Ben Gurion, Moshe Dayan e Golda Meir.

Il centro storico di Nardò è un vero e proprio gioiellino. Un tripudio di arte barocca che si distingue da Lecce per uno stile barocco dalle forme simili, ma con una gradazione più scura e dark. Infatti, la pietra utilizzata a Nardò, non è la famosa pietra leccese, bensì il carparo, un materiale tufaceo che con il tempo e per via della diffusione di licheni ed efflorescenze, assume un colore grigiastro.

Il cuore pulsante di Nardò è la raffinata Piazza Salandra, una delle piazze più belle d’Italia.

Archi, balconi, logge, portali con decori rococò e mosse linee settecentesche compongono un quadro uniforme in questa piazza, che rappresenta il fulcro cittadino.

Tra gli edifici che si affacciano sulla piazza, c’è il Palazzo di Città (Pretura), ricostruito in forme rococò dopo il terremoto del 1743 e affiancato dalla torretta dell’orologio (dove un addetto giornalmente provvede a ricaricarlo), poi abbiamo il Sedile (seconda metà del XVII secolo), con la statua di S. Gregorio Armeno, uno dei protettori della città con S. Michele e S. Antonio di Padova, e la settecentesca chiesa di S. Trifone, in onore del santo che liberò la città da un’invasione di vespe.

Nel centro della piazza si erge l’alta guglia dell’Immacolata, ricca di fregi, festoni e cuspidi, eretta nel 1769 come ringraziamento per lo scampato pericolo del terremoto.

In un angolo della piazza, invece, si può ammirare la Fontana del Toro, dello scultore Michele Gaballo. Il toro è il simbolo di Nardò. Una vecchia leggenda narra, infatti, che la cittadina sia stata fondata nel punto esatto in cui questo animale ha fatto zampillare l’acqua, ma allo stesso tempo rappresenta anche gli Aragonesi spagnoli giunti nel Salento durante il Rinascimento.

La Basilica Cattedrale di Santa Maria Assunta è un complesso architettonico probabilmente innalzato in epoca normanna sulle rovine della vecchia chiesa basiliana di Santa Maria de Nerito, ed è stato oggetto di diversi interventi di restauro, soprattutto nel Settecento.
Fanno eccezione gli affreschi dell’altare maggiore che portano la firma di Cesare Maccari e sono stati realizzati nei primi del Novecento.

Uno dei pezzi più interessanti è il Crocifisso Nero, una statua lignea, che deve la sua particolare colorazione al legno di cedro impiegato.

Un’antica leggenda vuole che l’opera, prodotta tra il V e il VI secolo, abbia perso sangue durante il tentativo di furto da parte dei turchi nel 1255. Questi ultimi, spaventati, avrebbero deciso di fuggire a gambe levate.

La Chiesa della Madonna del Carmine e l’adiacente convento costituiscono uno dei più noti complessi monastici di Nardò. Sulla facciata, che racchiude tutto lo stile romanico, si possono ammirare due nicchie che ospitano rispettivamente le statue dell’Angelo Nunziante e della Vergine Annunziata, mentre l’ingresso è protetto da due leoni. L’interno, arricchito da stucchi barocchi, custodisce opere di grande interesse artistico.

In piazza San Domenico, adiacente a piazza Salandra, troviamo la bellissima chiesa dedicata al santo spagnolo. Si tratta di un edificio eretto nel XVI secolo e intitolato in un primo tempo a Santa Maria de Raccomandatis, è stato modificato nel corso degli anni e le tre navate interne sono state sostituite, per esigenze predicative, da un’unica aula.

La chiesa, distrutta dal terremoto del 1743, è stata ricostruita quasi in toto.

La facciata ha sempre scatenato la curiosità di turisti e studiosi, in virtù delle decorazioni che la caratterizzano. La parte superiore è quasi spoglia di elementi ornamentali, mentre quella inferiore è ricca di strane figure intrise di un simbolismo magico che rimanda al fiorire della tradizione alchimistica del Rinascimento.

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