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Le antiche pozzelle della Grecìa Salentina

Le antiche pozzelle della Grecìa Salentina

Il Salento è apparentemente una terra carente di acqua e l’approvvigionamento delle acque è stata da sempre un’esigenza primaria per la sopravvivenza delle popolazioni e per l’economia agricola.
Gli abitanti si sono dovuti insediare in avvallamenti o doline dove c’era maggiore confluenza di acqua piovana.

Le pozzelle, detta anche “puzzieddhi” e “pùzzule”, sono in realtà delle cisterne che raccolgono, conservano e filtrano l’acqua. Soluzione che è stata sfruttata fino a
pochi decenni fa, per usi domestici e per l’irrigazione di campagne e orti.

Le pozzelle sono state largamente usate in tutto il territorio salentino, ma è nei territori di cultura greca che si è particolarmente affermata.

Tali depositi di acqua piovana, in grìko sono chiamati “ta frèata” (in greco “frèar” significa “pozzo”) possono essere osservati fuori dai centri abitati di molti comuni della Grecìa Salentina:

Le pozzelle sono il segno tangibile di un’arcaica economia collettiva.

Un sistema intelligente di cisterne con profondità variabile (arrivavano fino a 8 metri) e costruite una accanto all’altra, per raccogliere l’intero flusso dell’acqua piovana.

Per la loro funzione, venivano costruite nei pressi dei centri abitati.

Le pozzelle venivano realizzate a secco, il pozzo veniva realizzato con un complesso sistema a cerchi concentrici di diametro sempre minore, e culminante in una cupola chiusa da un blocco di forma circolare, cubica o quadrata bucato al centro e realizzato in pietra leccese.

L’acqua piovana veniva raccolta nella pozzelle e trattenuta dal terreno argilloso circostante.

L’ingegno degli antichi si spingeva a pozzelle collegate tra loro con più aperture.

La tecnica di costruzione era simile a quella utilizzata per i furneddhi.

Si sceglieva come prima cosa il terreno e lì, nelle depressioni naturali del terreno di rocce friabili, si scavavano dei fossati ad una profondità variabile da 3 a 8 metri, poi veniva realizzato un rivestimento (“camisa”) con pietre grezze di calcare permeabile  disposte in cerchi concentrici fino a formare una cupola. Un blocco parallelepipedo forato al centro, detto “vera del pozzo”, chiudeva l’ultimo cerchio. L’acqua piovana riempiva le cisterne (pozzelle) giungendo o per infiltrazione collaterale, oppure per infiltrazione superficiale, attraverso le aperture della vera del pozzo.

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