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      Maria Antonia Scalera Stellini, ovvero il Settecento poetico pugliese

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      Maria Antonia Scalera Stellini è una figura emblematicamente significativa nella storia della letteratura italiana, non solo per il suo talento poetico, ma anche per il suo coraggio nel sfidare le convenzioni sociali del suo tempo. Nata ad Acquaviva delle Fonti nel XVII secolo, Scalera Stellini è spesso considerata un’antesignana del femminismo. La sua opera, “Li divertimenti poetici”, oltre a numerosi lavori teatrali, riflette una profonda consapevolezza del potere della scrittura e della necessità di rivendicare il diritto delle donne di esprimersi artisticamente.

      Nonostante le avversità, inclusi un matrimonio combinato e le sfide della vita, Scalera Stellini perseverò nella sua passione per la scrittura. La sua appartenenza all’Accademia dell’Arcadia, un ambiente prevalentemente maschile, è un chiaro segno della sua determinazione e della sua abilità nel farsi spazio in un mondo letterario dominato dagli uomini. La sua scelta di pubblicare le opere sotto il suo nome da nubile e di non utilizzare pseudonimi è un gesto di grande modernità e indipendenza.

      La sua vita e il suo lavoro rappresentano una lotta contro le limitazioni imposte alle donne, ponendo l’accento sulla difficoltà di conciliare le responsabilità familiari con le aspirazioni artistiche. Nonostante il riconoscimento ottenuto durante la sua vita, Scalera Stellini cadde nell’oblio dopo la sua morte, in parte a causa di una selezione di opere che la escluderanno dal panorama letterario del Settecento.

      Oggi, il suo contributo è riconosciuto come un’importante tappa nella storia della letteratura femminile, testimoniando una sensibilità che ha aperto la strada a future generazioni di scrittrici e attiviste. La sua eredità continua a vivere, ispirando movimenti di associazionismo femminile e l’uguaglianza di genere nel campo della cultura.

      Una selezione delle sue poesie più belle

      Nell’annunciazione della B. Vergine

      Spandea su l’ombre a l’hor pur oro eletto
      Del dì la nunzia, quando eterno amante
      I rai fissò di sacro amor festante
      In donzella real, sotto humil tetto.

      Alato un paraninfo il più perfetto
      Al grand’ufficio elesse; in un istante
      Scese lieto, adorò Diva adorante:
      Ave gli espresse il suo divin concetto.

      AVE il cielo iterò, l’alba vermiglia
      Ave disse, ave il sol, ave natura,
      Ave di sì gran gioia alma conchiglia.

      Ave il suol, ave il mar, ogn’un procura
      Ave eccheggiare a sì gran madre, e figlia,
      MARIA madre d’un Dio, d’un Dio fattura.

       

      La  Madalena pentita

      Momentanea beltà, fasti fugaci
      Folli speranze io vi detesto addio;
      Fregi rei, pompe vane; ite in oblio
      Sensi del cor con sicarî, empi, e fallaci.

      Vi lascio auree catene, ostri tenaci;
      E tu del mio fallir complice rio
      Vil crin ti sciolgo, e tra tuoi flutti or’io
      Dar spero in mar di pianto al porto i baci.

      Su si corra pentita, ah non discaccia
      Alma che riede a Dio, ma tutto ardore
      D’alma rubella segue ancor la traccia.

      Vengo, che senza te m’uccide amore;
      Ché per placar la tua sdegnata faccia
      Accuso il fallo, ed ho contrito il core.

       

      Nell’annunziatione  della B. Vergine

      Arsero gli astri, e taciturno amante
      Venne il Verbo, qual sole, in humil petto.
      E in dar MARIA al suo splendor ricetto,
      Ogn’angelico cor mutò sembiante.

      Vn araldo dal cielo ad un istante,
      In bianco vel dal gran monarca eletto
      Raro nunzio fedel, d’alto concetto.
      Genuflesso adorò l’humil regnante.

      Ombra germe di fallo ingordo, e stolto,
      Morte, ch’atterri ogn’un, voi anche ecclissi,
      Agevolate il piè, fermarvi è tolto.

      Regia prole de’ cieli erranti, e fissi
      Invincibil si prova; il puro volto
      Allegra i cieli, e fa tremar gli abissi.

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