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Acquarica del Capo, storia e leggenda di un paese liquido

Acquarica del Capo, storia e leggenda di un paese liquido

Acquarica del Capo è un comune della provincia di Lecce, dal 2019 fuso con Presicce a costituire il nuovo comune di Presicce-Acquarica. È uno dei comuni appartenenti alla cosiddetta regione delle serre salentine.

La sua storia è, oggi come ieri, una storia di annessioni e fusioni, mescolamenti e rimescolamenti che fanno pensare al flusso continuo e abbondante delle acque del sottosuolo alle quali deve il suo nome. Nasce, infatti dalla distruzione di Pompignano operata dai Saraceni verso il IX e X secolo e dal successivo assorbimento di Ceciovizzo e Gardigliano.

Il casale fu affidato dal Normanno Tancredi nel 1190 alla famiglia Guarino che vi dominò durante varie fasi sino alla fine del XVII secolo. Gli ultimi feudatari furono il duca Antonio Zunica con la consorte Luisa Riario Sforza.

Tra le architetture religiose di particolare pregio, la Chiesa di Santa Maria dei Panelli (più popolarmente detta dei Panetti, perché il fondo attiguo alla chiesa era coltivato a grano per farne pane per i poveri) con annessa cripta, situata nella masseria Celsorizzo, di origine medievale e con una pianta a doppia abside, esempio raro nell’intera provincia, e la Chiesa di San Carlo Borromeo, protettore del paese, risalente al 1619, che custodisce pregevoli altari barocchi.

Da visitare anche il castello medievale, edificato nel corso del XV secolo da Giovanni Antonio Orsini Del Balzo che ebbe il feudo di Acquarica nel 1432, che consisteva originariamente in una cinta muraria rafforzata da quattro torrioni dei quali attualmente se ne conserva solo uno intatto. All’interno si distinguono ancora le tracce dell’antica chiesa di San Francesco, che racchiude alcune tombe gentilizie.
Al pianterreno è ospitato il Museo del Giunco mentre nel cortile del Castello è conservata la “Pila di Pompignano”, una vasca per l’acqua scolpita in un unico masso, proveniente dal casale abbandonato della Madonna di Pompignano, salvata dalla distruzione e recuperata nel 1982 dallo scrittore locale Carlo Stasi che ne ha narrato storie e leggende.

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