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Papaveri e paparina

Papaveri e paparina

Nei nostri campi, ad aprile, tra i primi papaveri che si schiudono, incontriamo anche la spadarella o gladiolo dei campi, il cui nome scientifico è gladiolus italici. Il gladiolo prende il nome da gladium che in latino significa piccola spada, in riferimento alle foglie che ne ricordano la forma.

Il genere gladiolus è della famiglia delle iridacee. Mentre il papavero rosso, il cui nome proprio è papavero rhoeas, appartiene alla famiglia delle papaveraceae. Nel linguaggio dei fiori il papavero rosso rappresenta l’oblio. Questo fiore è diventato il simbolo della prima guerra mondiale e di tutti i caduti in guerra.
John McCrae dedicò una poesia intitolata “Nei campi di Fiandra”, per la morte di un amico caduto in guerra. L’incipit è questo: “nei campi delle Fiandre sbocciano i papaveri tra le file di croci che segnano il nostro posto”.

Così il papavero è divenuto il simbolo del Remember Day noto anche come Poppy Day (giorno del papavero), il simbolo di tutti i caduti in guerra. Da noi è menzionato in “Bella ciao” come il fiore del partigiano. Mentre Fabrizio De André nella “Canzone di Piero” ricorda il soldato che muore tra “mille papaveri rossi”.

Si racconta che il condottiero Gengis Khan facesse spargere semi di papaveri nei campi di battaglia per onorare quanti vi erano morti.

La pianta del papavero, detta rosolato, è per i salentini la paparina. Questa pianta si raccoglie quando è tenera, prima che fiorisca. Si monda per bene e si lava a fondo per eliminare ogni residuo di terra. Si fa quindi ammaccare mettendola direttamente in pentola sul fuoco, dove si restringe. Si fa sfumare l’olio con aglio e peperoncino in un’altra pentola e una volta scolata si aggiunge la paparina, con delle olive nere e sale quanto basta, continuando a cuocerla rosolandola per bene.

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