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Calimera, lo scrigno del griko che si aprì a Pasolini

Calimera, lo scrigno del griko che si aprì a Pasolini

Calimera sorge nel cuore del Salento, 16 km a sud di Lecce, e appartiene alla storica regione della Grecìa Salentina, un’isola linguistica di nove comuni in cui si parla un antico idioma di origine greca, il griko.

L’origine greco-bizantina del luogo, d’altro canto, era chiaramente desumibile già dal nome, Kalimèra, da kalì emèra, che significa buongiorno. Appartenente alla giurisdizione feudale sino al 1599, ha conosciuto le baronie degli Hugot, dei Gesualdo, dei Soriano, dei Bucali e dei Cataleda. La cittadina custodisce in un’edicola dei giardini pubblici una stele funeraria in marmo attico donatale dalla città di Atene su cui figura l’iscrizione “straniera tu non sei qui a Calimera”, che suggella l’origine comune, ancorandola al valore dell’accoglienza.

Sino agli inizi del XVII secolo il credo popolare è stato di Rito bizantino, anche se, al contempo, la parrocchia apparteneva alla diocesi di Otranto, di rito latino. A seguito dei rigori imposti dal Concilio di Trento, il rito greco iniziò rapidamente a declinare. L’ultimo papas greco di Calimera, Sigismondo o Gismondo de Matteis, venne assassinato da ignoti e sostituito da un parroco latino, don Troylo Licci. Rapidamente venne abbattuto il tempio greco, sostituito dall’attuale matrice, e l’archivio parrocchiale andò bruciato.
Fino alla fine del XIX secolo il paese rimane completamente ellenofono, con un’economia limitata alla produzione del carbone e successivamente di patate dolci. Agli inizi del XX secolo, con le prime scuole pubbliche, le famiglie iniziarono ad apprendere l’italiano come seconda lingua. A partire dal secondo dopoguerra e con l’avvento della scuola dell’obbligo, i genitori iniziarono a non tramandare più ai propri figli l’idioma greco, per timore di confonderli mentre a scuola gli veniva insegnato a parlare correttamente l’italiano. Oggi la lingua grika è inserita in diversi percorsi di studio nelle scuole primarie, volti a recuperare una tradizione sulla quale prima la musica tradizionale e poi il turismo hanno riacceso i riflettori. Al griko e all’impegno volto a valorizzare, e non disperdere, le minoranze linguistiche, Pier Paolo Pasolini ha legato il suo ultimo incontro pubblico, proprio a Calimera, il 21 ottobre del 1975.

Pasolini a Calimera. Foto di Antonio Tommasi

Di notevole importanza, nel centro storico, la Chiesa della Madonna di Costantinopoli, che ospita un affresco di scuola greca che rappresenta e testimonia la convivenza del rito greco con quello latino; e la Chiesa dell’Immacolata, seconda per grandezza dopo la Chiesa Parrocchiale, edificata nel 1636, che conserva una tela rappresentante la Vergine Immacolata in gloria con ai piedi San Donato, San Paolo, Sant’Antonio di Padova, San Paolo e il patrono San Brizio.

Ubicate nelle campagne dell’immediato circondario, invece, le chiese di San Vito e di San Biagio. La prima, alla quale si accede da uno degli ingressi dell’antico Bosco di Calimera, risale al Cinquecento. Al centro dell’unica navata vede sporgere dal pavimento un megalite calcareo di epoca precristiana, detto Sacra Roccia di San Vito, forato nel mezzo. Tradizione vuole che nel giorno di Pasquetta la gente passi attraverso il foro per purificarsi, un’usanza che risale ai riti propiziatori della fertilità. Il sasso presenta nella parte superiore i resti dell’affresco che raffigurava San Vito Martire. La seconda delle chiese da rintracciare nell’aperta campagna calimerese è situata sulla strada per Melendugno. La chiesa semi-ipogea di San Biagio, di epoca medievale, è ciò che rimane di un insediamento di laure basiliane. Presenta all’interno un affresco settecentesco raffigurante San Biagio e Sant’Eligio. Il nucleo originario, la cappella vera e propria, affonda le sue origini nell’anno 1000.

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