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San Pio visto dal pittore Leonardo Viola

San Pio visto dal pittore Leonardo Viola

Io c’ero quel 23 settembre del 1968 nella Chiesa della Madonna delle Grazie per dare l’ultimo saluto alla salma di San Pio da Pietrelcina.

Il corpo del Santo era composto nella bara, protetto da un vetro di cristallo, vestito con il saio, le mani coperte dai guanti marroni contornati dai grani del santo Rosario, mai abbandonato in vita anche durante le ore notturne, senza i calzari per l’esposizione ai fedeli che volevano accomiatarsi prima che un angolo della terra di San Giovanni Rotondo potesse accoglierlo.

San Pio amava il paese nel quale sono nato, San Giovanni Rotondo. La sua gente modesta, fervente e generosa. Il Santo aveva più volte espresso il desiderio di riposare nella terra garganica, diceva: “seppellitemi in un cantuccio di questa terra”.
San Pio, appena trentenne già sacerdote dal 1910, giunge a San Giovanni Rotondo nel luglio del 1916.

Due anni dopo riceve le sacre stimmate alle mani, ai piedi, al costato e alla spalla destra, mentre si trovava in preghiera davanti al Crocefisso installato sulla balaustra del coro del convento.

Per 50 anni San Pio percorrerà il cammino terreno, sorretto dalla preghiera, con questo pesante fardello, pari a quello vissuto da Gesù Cristo, a testimonianza e per la salvezza dell’Uomo.

Circa tre mesi prima della sua morte le stimmate sono scomparse dalle sue mani senza lasciare traccia né cicatrici. Un evento che i credenti leggono ancora oggi con gli occhi puri della fede, annoverandolo tra i più vistosi miracoli.

Sono tante le biografie scritte su San Pio da Pietrelcina. La mia potrebbe essere la millesima, ma non voglio raccontare ciò che illustri scrittori hanno già detto sulla vita e la santità del Padre. Mi limiterò a raccontare un mio tassello di ricordi, la mia conoscenza personale e quella della mia famiglia con il Padre Santo.

Era il 1959, da circa tre anni l’ospedale della “Casa Sollievo della Sofferenza” voluto da San Pio, era stato terminato ed io ero prossimo a ricevere la Prima Comunione. A mio padre, che aveva lavorato nella struttura come muratore, venne consentito di farmi ricevere la Comunione direttamente dalle mani di Padre Pio.
Gran giubilo e fibrillazione da parte mia, di mio padre Vincenzo, di mia madre Lucia e di mio fratello Francesco.

San Pio come consuetudine celebrava la santa messa alle cinque del mattino e dovevamo essere pronti per quell’ora e svegli da molto prima. Quindi sveglia alle 3 del mattino per percorrere i due chilometri di distanza per raggiungere il convento dei cappuccini. Ricordo la mia “vestizione” a cura della mamma, ma non ho memoria del tragitto o della fatica: ho solo impresso, indelebilmente nella memoria, il momento del ricevimento dell’eucarestia dalle mani di san Pio.

Cinque anni dopo, la strada della mia famiglia ha incrociato un’altra volta quella del Padre Santo. Infatti mio padre Vincenzo ebbe un incarico particolare: accompagnare il fratello di Padre Pio, Michele, nei suoi viaggi e nei luoghi cari di Pietrelcina.

Questa opportunità mi ha permesso di trascorrere, con pochi altri fedeli, alcuni pomeriggi con il Padre Santo. Era consuetudine, dopo i Vespri, prima del suo ritiro nella cella numero 5, che il Padre si intrattenesse con alcuni fedeli con i quali conversava del quotidiano, e a volte scherzava.

Al termine della “ricreazione”, al momento dei saluti, gli adulti presenti baciavano con un inchino le mani guantate, e ai giovani il Padre consentiva un abbraccio.
Nel corso del mio cammino quei ricordi mi accompagnano ed ora vengono tradotti, per quanto possibile, nella raffigurazione del suo volto in pittura, che mi permette di assaporare ancora adesso quell’atmosfera invisibile e misteriosa di infinita quiete e dolce serenità.

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