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Le tavole di San Giuseppe

Le tavole di San Giuseppe

Le tavole di san Giuseppe sono grandi tavolate imbandite il 19 marzo in onore di San Giuseppe.

La tradizione è attestata soprattutto nel Salento (con rare e sparute testimonianze in Sicilia, Abruzzo e Molise). Nel Salento i riti dedicati al papà terreno di Cristo, si protraggono da un lontano passato ammantato di fede e devozione popolare.

I comuni salentini che devotamente allestiscono le tavole di San Giuseppe sono i seguenti: San Cassiano, Giurdignano, Poggiardo, Uggiano la Chiesa, Avetrana, Cerfignano, Cocumola, Diso, Guagnano, Minervino di Lecce, Casamassella, Otranto, Spongano, Lizzano, Fragagnano, San Marzano di San Giuseppe, Sava, Monteparano, Faggiano, Torchiarolo, San Pietro Vernotico, Erchie e San Donaci.

Le tavole, essenzialmente simili in tutto il Salento se non per piccole differenze tra un comune e l’altro, sono realizzate con pietanze che vanno dai lampascioni alle rape, dai vermiceddhri (tipo di pasta con cavoli) al pesce fritto, dalle pittule alla zeppola, dal pane a forma di grossa ciambella ai finocchi e alle arance.

Il tutto viene consumato a mezzogiorno del 19 marzo dai cosiddetti “santi” impersonati da amici o parenti delle famiglie che vanno da un numero minimo di tre (San Giuseppe, Gesù Bambino e la Madonna) a un numero massimo di tredici (i componenti dell’ultima cena), sempre comunque in numero dispari.

L’organizzazione delle tavolate inizia tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo, quando alcune famiglie devote preparano del pane o una pasta tradizionale – la massa e ciciri – o entrambe, per distribuirli a tutti coloro che si presentano a casa. È un rito antico, quello della massa: la preparazione avveniva al ritmo della preghiera (si lasciava cuocere al tempo di un Pater Noster, si lasciava riposare nei limmi – recipienti tradizionali – il tempo di 10 Ave Maria e così via). La distribuzione seguiva la recita del rosario, quasi a voler santificare la fatica compiuta con la preghiera. La tradizione impone alla famiglia devota di non mangiare di ciò che ha distribuito se non le rimanenze.

Per devozione, per grazia ricevuta o come segno propiziatorio, alcune famiglie preparano, dunque, il giorno della festa, la tavola di san Giuseppe, imbandita secondo regole precise e alla quale ci si siede rispettandone delle altre. Un tempo, i commensali erano scelti tra i poveri del paese, mentre oggi è più frequente estendere l’invito a parenti e amici, a coloro che hanno maggior bisogno o hanno una famiglia numerosa. Così la tradizione cristiana e lo spirito arcaico dell’accoglienza di questi popoli si fondono, il tempo di un pranzo, quanto basta per rinverdire le proprie radici.

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