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Le Grotte di Dio. La Pinacoteca rupestre di Puglia

Le Grotte di Dio. La Pinacoteca rupestre di Puglia

Le grotte di Dio si trovano a Mottola, nelle Murge meridionali, e sono quattro: la Chiesa rupestre di San Nicola, quella di San Gregorio, la chiesa di Santa Margherita e infine quella di Sant’Angelo.

La Chiesa rupestre di San Nicola, in località Gorgone, presso la masseria di Lamaderchia, è un’antica chiesa frequentata dai Crociati e dai pellegrini che si recavano a Taranto e Brindisi dalle regioni interne per poi imbarcarsi verso la Terra Santa.

In questa chiesa rupestre ci troviamo di fronte alla più completa e stupefacente pinacoteca dell’arte sacra popolare pugliese, che riesce ad evidenziare compiutamente le testimonianze degli svariati influssi teologici ed artistici di marca orientale e latina, a cavallo di quasi quattro secoli di Medioevo.

Una lunetta a doppia ghiera sormonta la porta della cripta e su di essa sono visibili tracce di decorazione dipinta di una figura nimbata a mezzo busto.

L’affresco rappresenta una simbolica Crocifissione di Cristo e dei ladroni e mostra tre croci latine, due delle quali piccole ed una più grande al centro, ed è attribuibile alla prima metà del IX secolo.

Quello di San Nicola si può definire un santuario ipogeo del tipo cruciforme inscritto, e l’impianto arcaico di tipo altomedioevale ha fatto ipotizzare confronti con le chiese siriache del VI secolo, soprattutto per la divisione dell’aula in tre navate di due campate a mezzo di due soli massicci pilastri.

Il naos, ovvero lo spazio del tempio destinato ai fedeli, è diviso in tre navate di cui la centrale risulta il doppio di quelle laterali, tutto intorno all’aula, lungo le pareti e alla base dei pilastri corrono i subsellia (sedili), alti per lo più 40 cm.

La Chiesa rupestre di San Gregorio si trova ai bordi della periferia del centro abitato. La chiesa rupestre seminterrata di San Gregorio si affaccia in un complesso grottale molto esteso – che comprende nelle immediate vicinanze le due chiese rupestri della Madonna delle Sette Lampade e la chiesa della Madonna degli Angeli. L’interno del tempietto presenta caratteristiche architettoniche ed iconografiche di grande pregio e monumentalità.

L’impianto della chiesa, a croce greca inscritta, è di tipo basilicale, lunga sette metri e larga otto, con tre navate e tre absidi semicircolari a fondo concavo. La sua escavazione originaria risale probabilmente al IX-X secolo, ed importanti interventi di abbellimento si registrano presumibilmente a partire dal XII secolo. Infatti le navate sono accuratamente scompartite da quattro grandi pilastri cruciformi di semicolonne.

In origine il bema rialzato di 40 cm, a cui si accede con due gradini dal naos, era diviso dall’aula da una iconostasi quasi certamente completa, successivamente demolita, e nelle tre absidi troviamo i resti degli altari. Sulle pareti dell’aula si aprono otto archivolti e sei nicchie, due delle quali suggestivamente affrescate con soggetti sacri in forma iconica.

Il corredo pittorico della cripta è limitato a tre soli affreschi iconici. Il più importante è senza dubbio il maestoso Pantocratore, rappresentato a mezzo busto nella calotta centrale dell’abside.

Il Cristo, benedicente con la mano destra, è raffigurato in uno sfondo bipartito, color ocra nella parte inferiore ed azzurro in quella superiore, delimitato da una cornice rossa.

Il viso è mesto e contemplante, segnato dai lunghi capelli ondulati e dalla barba a due punte. Veste una tunica rossa ed un grande manto azzurro, e mostra un libro aperto nella mano sinistra, che reca la consueta iscrizione in caratteri greci.

La Chiesa rupestre di Santa Margherita ha un’insolita planimetria, estremamente suggestiva.

Si giunge all’interno della cripta dopo aver goduto della vista della selvaggia e prorompente vegetazione spontanea della gravina e dopo aver attraversato uno stretto camminamento a strapiombo sul burrone. Un piccolo antro ipogeo sottostante l’ingresso è probabilmente a destinazione funeraria. La larghezza totale della chiesa è di m. 6.28, la lunghezza di m. 9.70 (compresa l’abside), l’altezza di m. 2.50.

Sul fondo del primo abside, a fondo piatto, troviamo un altare addossato al muro, nell’altro vano abbastanza irregolare, scavato sulla destra del primo, di notevole ampiezza, con parete di fondo incurvata e affrescata, vi sono i resti di due altri altari. Gli ambienti sono muniti del sedile in pietra (subsellia) che corre tutto intorno.

Santa Margherita è raffigurata con una veste sfarzosa, tipicamente bizantina, decorata a cerchi e a fogliette, il manto è orlato da perline e da un motivo a croce. Una ricca corona da cui scendono nastri gemmati è poggiata sui capelli ondulati intrecciata con altri nastri. Santa Margherita tiene nella mano destra la croce alzata, simbolo del martirio, mentre la mano sinistra è poggiata sul petto a palma aperta. La sua esecuzione curatissima, quasi miniaturistica, e l’uso di colori caldi, sottolineati dalle lumeggiature, l’hanno fatta proporre come uno degli esempi migliori della produzione pittorica provinciale pugliese nel periodo della dinastia imperiale bizantina dei Comneni (XII secolo), probabilmente influenzata da modelli di origine balcanica.

A partire dall’ingresso, possiamo vedere sulla parete di sinistra un S. Antonio Abate. Fondatore della vita monastica in Egitto, rappresenta una delle massime figure dell’ascetismo cristiano dell’antichità. Morì a 105 anni ed è ricordato come protettore degli animali domestici.

Accanto ad esso possiamo notare una prima rappresentazione an-iconica di un Miracolo di S.Nicola di Myra. Si tratta dell’unico esempio di dipinto rupestre in Puglia che illustri il miracolo del Santo, il quale appare in sogno ad un padre che a causa della povertà pensava di prostituire le tre figlie, dandogli il denaro necessario a costituire la loro dote. Questo miracolo del Santo è stato reso celebre da Dante Alighieri, che ne fa cenno nella Divina Commedia (Purgatorio, XX, 31-33). Nell’affresco è visibile un uomo dormiente in una stanza mentre una mano scende dall’alto. Nella parte superiore dell’edificio, in una loggetta, sono rappresentate le tre figure femminili, con i volti stupefatti.

Accanto a questo dipinto notiamo un San Michele Arcangelo ascrivibile al periodo angioino (XIII-XIV secolo), rappresentato in costume imperiale come Archistratega, che reca in mano una lancia ed il globo celeste con l’iscrizione “Cristo vince”.

L’Angelo è in perenne lotta contro il drago che sconfigge e caccia dal cielo.

Segue la raffigurazione della Vergine con Bambino, probabilmente una Vergine Glycophilousa o della Tenerezza, dal volto espressivo e delicato che siede su di un trono e tiene il Bambino in braccio, guancia a guancia. Anche questo dipinto risale probabilmente al XIV secolo, e la parte bassa dell’affresco è molto rovinata.

La chiesa rupestre di Sant’Angelo rappresenta un unicum nell’Italia meridionale per il suo sviluppo su due diversi piani ipogei, con l’invaso inferiore avente destinazione funeraria (esempi analoghi sono presenti in Asia Minore). La chiesa presenta un pronao (piccolo atrio) scoperto nella parte antistante l’ingresso ed una celletta alla sua sinistra, probabilmente riparo del custode, collocata presso una cisterna per la raccolta delle acque. Alla chiesa si accede attraverso un doppio ingresso, di cui quello a destra è ornato da una duplice ghiera.
All’interno il tempio si presenta a tre navate e tre absidi.

La chiesa si presenta liturgicamente orientata, con le absidi rivolte ad est. Le navate sono divise da tre pilastri monoliti, mentre le absidi presentano il fondo piatto in quella centrale e concavo nelle laterali. Nell’abside centrale, ornata all’estradosso da una triplice ghiera, è posto un altare di tipo latino, accostato alla parete, mentre nelle absidi laterali affiorano monconi di altari greci.

Interessante è anche il soffitto, che presenta decorazioni diverse per ogni abside.

Gli affreschi sono fortemente deteriorati. Il degrado è dovuto all’inquinamento e soprattutto alle infiltrazioni di acqua, favorite in passato dal dissodamento del terreno sovrastante e circondante le cripte.

La datazione degli affreschi della chiesa di Sant’Angelo si fa risalire generalmente al XIII-XIV secolo, anche se è probabile che molti di essi ricoprano altri strati palinsesti di intonaco, ovvero dipinti sottoposti di epoca precedente.

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